Supercoppa di Lega: Il nostro calcio sconfitto 6.0 – 6.0

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#UnCalcioAiDirittiUmani Si è conclusa la partita di calcio tra Juventus e Milan valida per l’assegnazione della Supercoppa di Lega. Non vogliamo e non entriamo nei dettagli sportivi e nel risultato della sfida calcistica. Bastava imparare dal tennis

Una sfida che secondo la redazione del blog La terra del gusto non si doveva svolgere o almeno non in modo “asettico”.

Avremmo gradito un atteggiamento, ad esempio, come quelli dei nostri tennisti.

Il 18 dicembre 1976 è in programma il doppio della finale di Coppa Davis tra Cile e Italia. Adriano Panatta e Paolo Bertolucci entrano nel bollente catino di Santiago con indosso una maglietta rossa fiammeggiante, sfidando sportivamente il regime di Pinochet.

Il rosso era il colore dell’opposizione a Pinochet, il colore che le donne portavano nelle piazze, il colore della protesta, del coraggio e del sangue. Donne i cui figli, fratelli, padri o mariti erano stati torturati, uccisi, cancellati. Era semplicemente un segnale, volevo testimoniare in qualche modo la mia vicinanza e la mia solidarietà al popolo cileno […] Io e Paolo decidemmo di farlo e basta. Se la stampa se ne accorse e non lo scrisse è molto grave, se non lo capì è stato anche peggio”.

Quando Panatta sfidò Pinochet: la Coppa Davis del 1976 narrata da Dario Cresto Dina

Lo spazio normalmente dedicato all’evento lo lasciamo, volentieri, al comunicato di Usigrai – Unione Sindacale Giornalisti RAI 

SUPERCOPPA IN ARABIA, UN CALCIO AI DIRITTI UMANI

#UnCalcioAiDirittiUmani.

Lo daranno la Lega Calcio, la Juventus e il Milan con la decisione di scendere in campo a Gedda, in Arabia Saudita, mercoledì 16 gennaio per la Supercoppa italiana.

E lo daranno tutti coloro che hanno scelto il silenzio. Complice.

Sette milioni di euro.

Tanto vale il silenzio di fronte alle bombe – anche italiane – che da quattro anni massacrano i civili nello Yemen.

Di fronte all’arruolamento dei bambini soldato.

Di fronte al brutale omicidio nel consolato saudita di Instabul in Turchia del giornalista Jamal Khashoggi.

Di fronte alle inchieste che chiamano in causa come mandante direttamente il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman.

Di fronte a uno stadio con “settori riservati agli uomini”.

Di fronte a un paese dove i diritti delle donne sono ancora oggi calpestati e molte attiviste sono in carcere.

Di fronte a un Paese in cui quattro anni fa un blogger, tuttora in prigione, subiva 50 frustate.

Di fronte a un Paese in cui ogni anni decine di condanne a morte vengono eseguite mediante decapitazione pubblica.

Per questo l’Usigrai, d’intesa con la Fnsi, l’Ordine dei Giornalisti, Amnesty International Italia e Articolo21, organizza un presidio per il 16 gennaio alle ore 10 davanti alla sede dell’Ambasciata dell’Arabia Saudita a Roma.

Photo Quando Panatta sfidò Pinochet: la Coppa Davis del 1976 narrata da Dario Cresto Dina

 

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