VISIVA ed il tour esperienziale alla scoperta del territorio parmense

Oramai è ben noto che un’importante branca di turismo in Italia sia legato all’arte culinaria, ai prodotti di nicchia tipici del territorio. Qual’è il miglior modo per far conoscere ed eventualmente rivalutare un territorio se non il partire dal suo prodotto fiore all’occhiello?

Prosciutto di Parma

Dati statistici dicono che il turismo enogastronomico abbia pesato ben il 27% sulle prenotazioni turistiche fatte on line nel 2022.

Parmigiano

Con l’aumento delle produzioni di vino ed olio, i passi avanti fatti dalle varie aziende produttrici in ambito tecnologico sui propri siti internet in tempo di pandemia, l’insistente e corretta ricerca della sostenibilità aziendale ed i primi dati del primo quarter 2023, si può dedurre che la percentuale di persone che si sposteranno per puro turismo enogastronomico sarà ancor maggiore quest’anno.

Antonella Malizia, CEO di Visiva

A fronte di quanto detto, vi segnalo la bella iniziativa di Antonella Malizia, CEO di Visiva Incoming Emilia Tour Operator che organizza, nel comprensorio di Parma, una due giorni (12 e 13 Maggio 2023) di tour alla scoperta del territorio con visite ai produttori di Parmigiano Reggiano, denominato Oro Rurale.

L’Educational ha come scopo il portare a conoscenza di operatori di settore e stampa il territorio di Tabbiano Terme, le sue peculiarità e di svelare i retroscena di uno dei prodotti più famosi al mondo.Lo scopo è quello di far vivere agli ospiti un’experience a tutto tondo accompagnati da professionisti in un territorio conosciuto ma non ancora esplorato.

Questo il programma:

12/05/2023

  • Ore 16:00 Arrivo e Check In nelle strutture
  • Ore 17:30 – aperitivo etnico e conferenza informativa in hotel unico

Ore 19:45 – Cena con Menù coordinato in hotel unico

13/05/2023

  •  Ore 07:30/08:00 Colazione in hotel
  • Ore 9:00 – Tour Esperienziale Parmigiano alla scoperta della catena di produzione accompagnata dal tour dell’intero percorso del prodotto con degustazione
  • Ore 11:00 – visita con guida al castello di Torrechiara
  • Ore 12:45 – Light Ethnic Lunch prosciuttificio Cavalier Ilari (Fontanellato)
    Eccovi il menù del pranzo:
    Osteria tipica la Golosia con la cucina dello chef Edoardo Craviari.

Antipasto: salumi misti tipici parmigiani (prosciutto crudo, spalla cotta, culatello di Zibello, salame di Felino, coppa piacentina) e torta fritta.
Primo piatto: tris di tortelli (erbette, zucca, patate).
Secondo piatto: punta di vitello con patate arrosto accompagnate da verdure grigliate.
Dessert: La Sbrisolona.
Il tutto accompagnato con acqua e vino del posto, liquore Nocino.

Rientro in Hotel a Tabiano

  • Ore 16:30 – Tour Visita informativa T-Spatium Tabiano
  • Ore 20:15 – Cena presso Osteria Tipica La Golosia (Vincitore del programma 4 Ristoranti di Alessandro Borghese)14/05/2023
  • Colazione in Hotel
  • Check Out
  • Tour presso il Labirinto della Masone con visita della collezione privata di Franco Maria Ricci

Per info e dettagli:

Visiva Incoming Emilia

Sede leg. : Via Giovanni Pascoli 3, Salsomaggiore Terme, 43039, (PR)

Tel: 0524 204063    

Emanuele B.: 345 582 4287 

Antonella M.: 349 541 6628

Dinner d’élite di Querciamatta: formula innovativa, intima ed esclusiva a Monsummano Terme

In occasione di un press dinner ho conosciuto questa bella realtà con sede a Monsummano Terme, nei pressi del campo da golf. Querciamatta trae il suo nome dalla località che ospita la maison. I proprietari partono una vecchissima struttura abbandonata da oltre 20 anni, bonificano l’aera, ristrutturano l’immobile e creano una vera e propria oasi del buon gusto

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Festa dell’amaretto di Santa Croce sull’Arno

Ebbene sì, l’amaretto morbido, così come lo conosciamo oggi, vede la sua origine a Santa Croce sull’Arno, in provincia di Pisa, a fine 1800 ed il suo luogo di nascita è il Monastero Agostiniano di Santa Cristiana (1286). Le monache infatti, per ringraziare i benefattori, impastavano mandorle tritate, uova e zucchero con cui realizzavano piccoli coni. Le mandorle erano quel poco di pregiato che ricevevano abitualmente dai parenti delle giovani di origine siciliana, mandate al nord ad abbracciare la fede. Ma i mandorli erano allora presenti anche a Santa Croce, laddove oggi vediamo gli olivi. C’era quindi un misto di mandorle presenti sul territorio e quelle che venivano portate al monastero dai benefattori.
La ricetta poi oltrepassò le mura del monastero e presto anche i fornai e le massaie iniziarono a produrli in proprio, trasformando l’Amaretto nel tipico dolce della ridente cittadina.
Santa Croce sull’Arno, non era solamente già nota al tempo per le sue concerie, ma anche per l’allevamento del baco da seta. Così il lento traffico fluviale di merci sull’Arno fece sì che i molti viandanti, prima di ripartire, venissero omaggiati di questo biscotto, adattissimo a resistere al lungo viaggio. E se si seccava, bastava ammorbidirlo con l’acqua (oggi lo si fa con il vinsanto o vini liquorosi da dessert) per essere consumato più morbido. Perché si chiamano amaretti La ricetta base si compone di mandorle dolci e una piccolissima parte di mandorle amare o di armelline (i semi all’interno del nocciolo di albicocca) che hanno un retrogusto amarognolo e vengono usate in pasticceria come essenza, come ingrediente negli amaretti, in sciroppi o liquori. La ricetta Parlando con gli amarettai, ovviamente (e giustamente) nessuno dà i dettagli della propria ricetta. Ovvio. Si limitano a dire che la base è composta da tre ingredienti, mandorle zucchero e uova. Poi qualcuno ci aggiunge il limone. C’è chi usa l’ostia e chi no (pochi a dire il vero perché l’ostia è ulizzata per evitare che il biscotto non si attacchi alla teglia del forno in fase di cottura). La procedura di lavorazione originaria prevede inizialmente una leggera tostatura delle mandorle, al fine di poterle successivamente liberare dalla pellicola che le avvolge. Recentemente alcuni produttori hanno sostituito la tostatura con la bollitura delle mandorle. Successivamente si procede alla macinatura delle mandorle ed al loro successivo impasto con lo zucchero, le uova e la scorza grattugiata di limone. Quindi con il composto si formano dei mucchietti dalla forma più o meno conica che vengono messi a cuocere nel forno ben caldo. Nel passato veniva venduto sfuso e confezionato al momento della vendita nei classici vassoietti da pasticceria, ora è messo in vendita in piccoli sacchetti di plastica trasparente. Il vero plus Comunque sia, il vero segreto dell’Amaretto Santacrocese sono le mani. Già, le mani di chi trita, impasta, dà forma. Se fate un giro tra gli amarettai ed assaggiate i loro biscotti, scoprirete che non ce n’è uno uguale all’altro. La forma è simile, però mai identica, il sapore anche. Perché nessun artigiano fa due cose uguali, perché il bello del “fatto a mano” risiede nelle forme irregolari e nel gusto che cambia. Perché è lì, in quelle diversità che si nasconde la passione. Ogni anno, nella festa dell’Immacolata Concezione, a Santa Croce c’è la festa dell’amaretto santacrocese. La data non è stata scelta a caso. In quel giorno la Madonna apparve a Santa Cristiana, ben sette secoli prima di Luordes e Fatima. Quest’anno in data 08 Dicembre Santa Croce festeggia la trentesima edizione della festa dedicato al suo amaretto lanciando un nuovo progetto, ovvero l’ Associazione degli Amarettai di Santa Croce sull’Arno, che si pone l’obiettivo, con il supporto del Comune, di veicolare l’immagine del biscotto anche fuori regione. La festa inizierà alle 09:30 del mattino e per tutto il giorno ci saranno attività per grandi e piccini per tutto il centro storico. Testimonial d’eccezione di quest’anno sarà lo chef Cristiano Tomei che, per l’occasione, preparerà una ricetta con l’amaretto. Confermata anche la presenza di Slow Food. Alla fine della manifestazione verrà proclamato il miglior amaretto dell’anno e l’amarettaio vincitore verrà premiato con l’amaretto d’oro ideato dalla Gioielleria Baroni. Gli amarettai sono al lavoro per declinare l’amaretto anche in una serie di prodotti da pasticceria, lievitati ed anche gelato che possono essere consumati durante tutto l’anno e molti ristoranti utilizzano il biscotto per alcuni loro piatti. Il ristorante Fanellino, ad esempio, in occasione del press dinner per la presentazione della festa 2022, ha proposto un baccalà mantecato, crema di zucca e parmigiano, sformato di cavolfiore e crumble di amaretto. Durante la cena è stato emozionante ascoltare le storie dei gli amarettai, i loro ricordi legati alla tradizione, alla famiglia. C’è chi dal ricordo del padre ha creato un gelato, chi ha lasciato la Sicilia (ma solo fisicamente) portandosi nel cuore quel sole che riscalda ogni giorno il suo forno. Una gioia vederli tutti assieme a parlare intorno ad un tavolo, con gli occhi visibilmente emozionati, a raccontare ognuno con le proprie storie, con i propri aneddoti, le proprie esperienze, tutte diverse, accomunate però dalla passione per il loro lavoro, per il loro biscotto, per la loro città. A voi la lista degli amarettai:
  • Gelateria Caffè Verbella Viale della Libertà, 12, 56029 Santa Croce sull’Arno PI
  • Pasticceria Vacchetta Piazza Giuseppe Garibaldi 12 – 56029 Santa Croce sull’Arno (PI)
  • Il Laboratorio degli Impasti Corso Giuseppe Mazzini, 57, 56029 Santa Croce sull’Arno (PI)
  • Il Fornaretto Via del Bosco, 84, 56029 Santa Croce sull’Arno (PI)
  • Loriana Betti Patisserie Via di Pelle, 1, 56029 Santa Croce sull’Arno (PI)
  • Pasticceria Caffetteria Giannini Piazza Giacomo Matteotti, 5, 56029 Santa Croce sull’Arno (PI)
  • Pasticceria Cavallini Via Alfredo Mainardi, 19, 56029 Santa Croce sull’Arno (PI)
  • Panificio Pasticceria Santa Cruz Via Filippo Corridoni, 10, 56029 Santa Croce sull’Arno (PI)
  • Sempre Freschi Panetteria Piazza Giacomo Matteotti, 11, 56029 Santa Croce sull’Arno (PI)

Il Pirata 945 – Uno Staff in rosa per una cucina che naviga tra tradizione ed innovazione

Il nome può sembrare abbastanza particolare per un ristorante non situato in un porticciolo o in passeggiata vicino al mare. Un nome che evoca azione e crea attorno a sé un alone di mistero. Mistero che svanisce entrando nel ristorante e scoprendo uno staff tutto al femminile nel quale ogni giorno Smantha Combatti (titolare) ed Ornella Fusco (chef) giocano in cucina con materie prime, fuochi e padelle per portare in tavola nuovi piatti. Da vere alchimiste del gusto l’intento é quello di rubare, anche solo per l’attimo del pasto, mente e palato del gradito ospite e perché no, anche un sorriso d’approvazione. Ed ecco quindi che mai nome fu più calzante per il ristorante di questo team di ragazze che lavora con passione e costanza per catturare lo stupore dei clienti a suon di nuove ricette. 945 non é altro che il numero civico di Via Raffaello Orlandini, strada nella quale si trova il ristorante. L’ambiente è abbastanza grande per la nuova concezione di ristorazione, a regime circa 100 coperti. Molto ben arredato, buona gestione degli spazi e delle distanze tra i tavoli per garantire intimità agli ospiti. Bello anche il dehor utilizzabile anche in inverno grazie a moderne strutture scorrevoli. Il servizio di sala, condotto dalle giovanissime Chiara Manni e Martina Arfaioli, è informale, molto attento, preciso e gentile. Conoscenza in materia accompagnate da tanta passione, voglia di crescere professionalmente, buoni modi e buona educazione. La proposta in menù varia dalla pizza alla carne, passando per il pesce. Spesso avere un’ampia proposta per accontentare tutti non si rivela scelta vincente, ma il nuovo menù – del quale non vi spoilero ancora niente – rimette ogni pedina nella giusta posizione. Le Chef sono brave nel riuscire a mantenere sempre la barca, anzi, il galeone (dei pirati) in pari pur offrendo così tante opzioni. Attenzione alla freschezza della materia prima utilizzata, stagionalità del prodotto, un bel pizzico di fantasia, ricerca per trovare sempre nuovi equilibri gustativi e la ricetta é fatta. Ma come si mangia al Pirata 945? I piatti che escono dalla cucina sono di buona fattura e ciò che colpisce è senz’altro la creatività ed il coraggio di osare negli abbinamenti. Le portate sono molto curate anche nel plating raggiungendo un buon impatto estetico. Gli amanti della pizza possono scegliere tra vari ingredienti freschissimi ma la vera differenza la fa l’impasto che vanta una lievitazione di 48h per assicurare un’alta digeribilità. Tra le proposte spiccano lo spaghetto alla trabaccolara, il pacchero all’astice e la tagliata di tonno. Molto interessante è anche il cappuccino di baccalà mantecato aromatizzato al caffé e crumble di pane. Per gli amanti della carne, la battuta di manzo tagliata al coltello, servita con stracciatella di burrata, fior di cappero all’interno di un disco di sfoglia croccante. Piatto di grande equilibrio sia di sapori sia di consistenze.

La carta dei vini è ancora corta ma si riesce a trovare facilmente il vino per accompagnare il pasto, scegliendo tra bianchi, rosé, rossi e bollicine con un ricarico più che onesto. Ricordo ancora una volta che carta vini e menù sono work in progress e presto riserveranno nuove sorprese.

Vi do quindi l’appuntamento dopo la mia prossima visita al ristorante, nella quale assaggerò per voi qualche piatto del nuovo menù che non mancherò di raccontarvi assieme a qualche simpatico aneddoto rapito direttamente alle Chef.

Il rapporto qualità prezzo é corretto per la qualità ed il servizio offerto.

Pirata 945 Via Raffaello Orlandini, 945 51015 Monsummano Terme Tel.: 370 30 69 817 Giorno di chiusura: Mercoledì

I’Tuscani: i Marco Polo fiorentini della ciccia

Siamo in pieno centro a Firenze e più precisamente in Piazza San Pancrazio. E’ proprio qui che nel 2015 l’osteria I’Tuscani sposta la sua sede, dopo tre anni trascorsi in San Frediano. Un’unica dining room con pareti dallo spiccante color bordeaux e con i tavoli in legno ricavati dal recupero di barche affondate nella costa toscana. In fondo la cucina, piccola ma molto ben organizzata: un vero e proprio laboratorio gastronomico toscano. Come toscano é qualsiasi altro elemento all’interno di questa osteria: dal personale alle materie prime ed alle ricette proposte, non facendo eccezioni di sorta neppure per acqua e vino. Un menù decisamente coraggioso che per scelta non annovera in carta nessun tipo di pasta e che si propone l’obiettivo di far conoscere agli ospiti, molti di questi anche stranieri, i buoni e sani prodotti regionali. Gli acquisti infatti non passano per lunghe filiere né per conosciute catene di distribuzione ma per piccoli produttori di nicchia, che giustamente, non possono avere sempre tutto in ogni periodo e stagione dell’anno.

Emerge quindi da subito l’attenzione particolare alla sostenibilità di ambiente e prodotti che si traduce in sala anche in oggetti quali i tavoli in legno, ai piatti commestibili in crusca oppure ai bicchieri in amido di mais (non edibili). A tutto questo aggiungete una spumeggiante accoglienza, una profonda conoscenza dei prodotti in menù, una forte simpatia ed un pizzico di sano e bonario cinismo toscano e la ricetta per una serata goduriosa é stilata.

I piatti che abbiamo assaggiato, affidandoci completamente nelle mani di Enrico ed Alberto, sono stati un escalation di sapori nella quale nessuno sovrastava l’altro, donando un completo e saldo equilibrio all’experience.

Iniziamo con un tagliere misto composto da una tartare di maremmana, mortadella di cinghiale al tartufo, mondiola della Garfagnana, sottoli dell’azienda Calugi e formaggio grandubaldino con composta di albicocche fatta in casa. Per chi ancora non la conoscesse, la mondiola della Garfagnana – zona collinare sopra Lucca – non é altro che collo di suino macinato e messo in un budello edibile di capretto, foglia di alloro centrale, fatto stagionare sotto farina di castagno. Una vera prelibatezza oltre che ad un autentico prodotto di nicchia.

Continuiamo con quattro assaggi di carne: filetto di pisana avvolto nel lardo (carne lievemente più muscolosa ed il lardo viene messo per ammorbidirne la consistenza, oltre che a dare sapidità al taglio) – 45 giorni di frollatura – maremmana – 45 giorni di frollatura – rubia gallega allevata in Toscana – 25 giorni di frollatura – e salsiccia di grigio. Cottura dei vari tagli tanto perfetta da mettere in risalto tutte le potenzialità gustative dei vari tagli conservandone le caratteristiche distintive. Ad accompagnare la degustazione un ottimo vino di Bolgheri, “Tegoletto” di Serini Fulvio Luigi. Una storia quella de I’Tuscani che è iniziata nel 2012 a Firenze per poi approdare anche in Cina (2019) nell’Ocean Flower Island.

In conclusione una vivace ed autentica osteria toscana la cui sosta merita senza dubbio un’importante deviazione al vostro itinerario in Toscana.