Ogni famiglia di contadini si tramanda i semi da secoli. La differenza del gusto è data dal terreno fertile e irriguo. Gli stessi piccoli fagioli, chiamati piattellini per la forma piatta, schiacciata, leggermente arcuata, coltivati su altri terreni non sono così buoni. In pianura sono cannellini qualunque
Il Fagiolo di Sorana Perlaceo, piccolo e dalla buccia sottile, appena accennata, è coltivato in piccoli ma curati fazzoletti di terra lungo il torrente Pescia. Sono pochi ettari di terre nuove, felice bonifica dei Medici tra il Cinquecento e il Seicento.
Il greto del torrente strappato alla furia delle acque, copiose in zona nella britta, e non solo, stagione. Resi fertili, puliti dalle pietre e dalle ghiaie trasportate dalle piene e sui quali gli abitanti della zona coltivavano da secoli legumi e ortaggi destinati a piccoli commerci, utili a integrare le magre entrate della famiglie della montagna pistoiese.
Le bonifiche furono fatte utilizzando come forza lavoro gli abitanti del contado e le aree recuperate per le coltivazioni agricole furono suddivise tra chi aveva contribuito con il proprio lavoro: questo ha portato a una elevata frammentazione delle proprietà e ancora oggi, i proprietari degli appezzamenti sono molti.
L’area coltivata si estende, in particolare sulla sponda sinistra del torrente, per circa quattro chilometri di torrente, tra il Ponte di Castelvecchio e il Ponte di Sorana, nel comune di Pescia nella provincia di Pistoia.
Un’area anticamente chiamata Valleriana, zona ricca di ruscelli, per via della grande quantità di acque che si riversano dai boschi in rivoli e fossi verso il Pescia.
Ogni famiglia di contadini si tramanda i semi da secoli. La differenza del gusto è data dal terreno fertile e irriguo. Gli stessi piccoli fagioli, chiamati piattellini per la forma piatta, schiacciata, leggermente arcuata, coltivati su altri terreni non sono così buoni. In pianura sono cannellini qualunque.
La raccolta, manuale, avviene nel mese di settembre. I fagioli sono poi esposti al sole per 3 – 4 giorni per completare l’essiccamento iniziato sulla pianta. Sono poi sgranati, privati del baccello. Durante l’inverno sono poi conservati in appositi contenitori con l’aggiunta di pepe nero in grani, radici di valeriana o foglie di alloro.
Sapido e molto digeribile, anche per la sottilissima buccia, è protagonista di moltissime ricette ma il modo migliore per gustarlo è, come da tradizione, cotto nel fiasco, ovvero in un contenitore di vetro dalla bocca larga che a Pescia chiamano gozzo.
Si consiglia di mettere i fagioli ben lavati, a bagno per almeno 12 ore prima della cottura, in acqua molto leggera, meglio di fonte o minerale, e quindi scolarli.
Al momento della cottura meglio usare ai fagioli acqua di fonte, che non deve essere mai troppo calcarea o peggio clorata, uno spicchio d’aglio e salvia. Vanno cotti a fuoco lento e salati a fine cottura. Al momento di servire si condiscono con un filo d’olio extravergine di oliva toscano, la classica C, e una macinata di pepe bianco fresco.